Casa Museo Colocci Vespucci

Palazzo Colocci
Salottino rosso
Salottino giallo
Studio

In Piazza Colocci, a metà strada fra la piazza che ospita il Teatro Pergolesi e quella che nel 1194 diede i natali a Federico II di Svevia, sorge l’antica residenza dei marchesi Colocci Vespucci.
I Colocci, probabilmente di origine longobarda, si trasferirono intorno al IX secolo dall’Umbria alla Valle dell’ Esino, tra Staffolo e Cupramontana. A Jesi giunsero alla fine del 1200 e da allora molti esponenti ricoprirono importanti mansioni giuridiche in città (ricordiamo priori, gonfalonieri e magistrati).
Fu in seguito al matrimonio tra l’eroe risorgimentale Antonio Colocci (1793 – 1847) e Enrichetta Vespucci, ultima erede della casata del famoso navigatore fiorentino, che i discendenti di questa nobile famiglia acquisirono il doppio cognome.

E’ documentato che la famiglia Colocci fosse proprietaria di una casa prospiciente l’attuale piazza almeno fin dal 1435, anno in cui ser Angelo – nonno dell’Angelo umanista – chiese l’autorizzazione a costruire un portico davanti alla facciata della sua casa.

E’ proprio nel suo esser poco museo e molto casa di abitazione che risiede il fascino della Casa Museo Colocci Vespucci.

Dopo una prima trasformazione settecentesca, l’appartamento al secondo piano che ospita le sale espositive venne ristrutturato nei primi anni del ‘900 da Adriano Colocci Vespucci, viaggiatore instancabile, deputato al Parlamento nazionale del Regno d’Italia e giornalista.

Le stanze di rappresentanza rimasero immutate, a testimoniare un costume di vita che faceva del “ricevere” una vera e propria attività sociale primaria, con le sue regole e le sue convenzioni.
Superato l’ingresso, decorato con gli stemmi delle famiglie Colocci e Vespucci, troviamo il Salotto Rosso e il Salotto giallo, spazi in cui accogliere gli ospiti per ascoltare musica, fare conversazione e declamare poesie.
Il Salone delle feste, con ampie finestre che si affacciano sulla piazza, era utilizzato solo per le occasioni più importanti; l’arredamento, compreso il pianoforte ottocentesco, è accostato alle pareti, così da avere uno spazio adeguato per il ballo.

Lo studiolo e la stanza dell’archivio, con il grande armadio a muro a tutta altezza, ci permettono di conoscere meglio Adriano Colocci Vespucci, che fu fervente custode e profondo conoscitore della ricchissima e prestigiosa biblioteca che proprio l’umanista Angelo Colocci per primo iniziò ad organizzare. Dai documenti di famiglia, conservati sin dalle origini, riuscì anche a ricostruire l’albero genealogico dei Colocci.

Osservando i mobili e i numerosi quadri che arredano le diverse stanze – perlopiù dipinti di devozione o esaltazione del casato – è possibile immergersi nello stile di vita di questa importante famiglia jesina. Le vetrine e le consolles ospitano ancora utensili da lavoro, soprammobili, servizi di tazze e memorie familiari in disordinato assetto cronologico, come in una qualsiasi altra abitazione.

Nel 1984 l’Amministrazione Comunale ha acquisito gran parte del Palazzo Colocci, insieme agli arredi e all’archivio storico della famiglia, dalla marchesa Maria Cristina Colocci Vespucci, ultima erede del casato. Dal 1985 l’appartamento del secondo piano è sede del Museo dedicato al padre, Adriano Colocci Vespucci.